Operazione “Vento del Sud” (confisca NICASTRI Vito)
Nel luglio del 2010, la Direzione Investigativa Antimafia depositava, presso il Tribunale di Trapani, una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di Vito NICASTRI, noto imprenditore originario di Alcamo, operante nel settore delle cosiddette “energie rinnovabili”, con particolare riferimento all’eolico e al fotovoltaico.
La richiesta mirata ad aggredire l’intero patrimonio di un personaggio passato alle cronache, appunto, come “Il re dell’eolico” (Il Financial Times arrivò a definirlo, sulle proprie pagine, “il Signore del vento”) e ritenuto tra i principali polmoni finanziari del noto boss latitante di Cosa Nostra Matteo MESSINA DENARO, traeva spunto, seppur con sviluppi autonomi, dai risultati di precedenti investigazioni, tra cui, su tutte, quelle collegate alla cosiddetta operazione Vento del Sud, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo e finalizzata a riscontrare il coinvolgimento del NICASTRI e del suo gruppo imprenditoriale con la criminalità organizzata.
Tali indagini, infatti, avevano delineato il ruolo del NICASTRI quale collettore degli interessi di Cosa Nostra nel campo delle energie rinnovabili e di collegamento tra il mondo imprenditoriale e quello politico all’interno di un sistema di corruzione e tangenti finalizzate al conseguimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione degli impianti.
Per effetto della proposta inoltrata dalla Direzione Investigativa Antimafia, il Tribunale di Trapani dispose immediatamente il sequestro, eseguito nel settembre dello stesso anno, che riguardò beni del valore di oltre un miliardo e mezzo di euro, costituiti da circa cento immobili, trentacinque società e ingenti disponibilità finanziarie. Al sequestro seguì, nell’agosto del 2015, il provvedimento di confisca all’interno del quale, l’Autorità Giudiziaria, accogliendo la segnalazione della Direzione Investigativa Antimafia, dispose altresì l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni.
Tale attività rappresenta, nell’ambito della giurisprudenza di settore, un caso di scuola, poiché i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia hanno anche consentito, a livello investigativo, il consolidamento della netta distinzione, in termini prettamente giuridici, fra la “partecipazione”, intesa come posizione organica al sodalizio criminale, e l’“appartenenza”, intesa come condizione di contiguità all’organizzazione che pure il legislatore pone quale condizione per l’applicazione di una misura di prevenzione antimafia e che ricomprende, appunto, ogni comportamento che, pur non realizzando il reato di associazione di tipo mafioso, sia funzionale tuttavia agli interessi dei poteri criminali e costituisca una sorta di terreno più generale di cultura mafiosa.